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I LIBRI DI FORMAZIONE: Rocco Scotellaro e i “Contadini del Sud”

I LIBRI DI FORMAZIONE: Rocco Scotellaro e i “Contadini del Sud”

Ad un secolo dalla sua prematura scomparsa (15 dicembre 1953), a soli trent’anni, muore uno dei più grandi scrittori che l’Italia abbia mai avuto, figlio di una Terra lucana da lui ardentemente amata, tanto che fu eletto Sindaco del suo paese natio, Tricarico, a 23 anni.

Incarico che utilizzò  per poter difendere gli Ultimi della scala sociale, resi ancora più poveri da una balorda idea di Unità d’Italia e da un’altra guerra mondiale.

La sua strenua battaglia, a difesa delle classi meno abbienti -alle quali dedicava tutto il tempo  e donava, anche in termini economici, parte delle sue non esorbitanti risorse – lo rese, agli occhi di una classe dirigente livorosa e spocchiosa (tra i quali spicca un nome non nuovo ad episodi non esattamente fulgidi : Giorgio Napolitano ), un nemico e la sua vita divenne  cosi’ un piccolo calvario, anche giudiziario e dal quale ne uscì vittorioso per merito soprattutto di Carlo Levi lanciatosi in soccorso della sua onorevole reputazione.

Esperienza traumatica ,comunque, per il sindaco-poeta tanto da spingerlo ad abbandonare sia la carica che Tricarico e  a trasferirsi a Napoli dove potè dedicarsi completamente all’altra sua grande passione: la stesura di romanzi e al componimento di poesie.

Scelta quanto mai congeniale perchè ci ha lasciato dei capolavori pregnanti di struggente pathos verso la sua Patria: il Sud.

Esempio fulgido è  Contadini del Sud, una sorta di denuncia verso le condizioni  miserevoli di una categoria tenera e dignitosa che miserabili latifondisti, appoggiati dai potenti di turno, ha sfruttato ignobilmente nei secoli .

Un’opera incompiuta e pubblicata postuma e che descrive i contadini del Sud ma in particolare di Puglia, Campania, Calabria e Basilicata. Sono intervistati alcuni di essi e dai loro racconti vengono trascritte le vicende che noi lettori abbiamo amato.  Storie di soprusi e di abusi di potere:  “Al Maresciallo allora li levai i gradi in pubblica piazza perché loro mi avevano violato la sistemazione di lavoro. Fui trasportato in caserma e tutti uniti i carabinieri mi hanno massacrato di botte riportandomi uno sfregio permanente al capo col mio medesimo bastone in possesso perché sono grande invalido e riempiendo il mio fazzoletto, ancora presente, di sangue.”

Commozione e struggimento per un libro davvero bello: “non è mica colpa del povero se è povero”.

Patrizia Stabile