Skip to content
Siti archeologici al Sud ? Biglietti pagati al Nord

Siti archeologici al Sud ? Biglietti pagati al Nord

Partiamo dai fatti.

L’Italia detiene il primato di maggior concentrazione di siti UNESCO, 58 su 1.157 sparsi in 167 Nazioni, che attirano quasi tre quinti dell’intero flusso turistico che sceglie la penisola.

Sappiamo che tra i siti più visitati, dopo il Colosseo e gli Uffizi, ci sono gli scavi di Pompei , la Reggia di Caserta, il Museo Archeologico di Napoli, Ercolano e Paestum, e che, insieme a tutti i restanti luoghi di cultura, generano, mediamente, incassi annui superiori ai 150 milioni di euro.

Ma, nonostante il nostro patrimonio monumentale e storico sia tutelato dall’art. 9 della Costituzione Italiana (e coinvolge soprattutto 352 comuni considerati di interesse storico ed artistico), lo Stato destina a tale scopo sempre meno risorse finanziarie rispetto agli anni precedenti in barba anche alla legge 22 gennaio 2004 n.42, conosciuta come codice dei beni culturali e del paesaggio.

Abbiamo i “fatti”, abbiamo un’ignorata Costituzione e varie leggi a supporto, abbiamo infine i dati, manca sapere solo chi gestisce gli introiti dei Musei e dei siti archeologici al Sud.

Le risposte sono semplici perché il patrimonio enorme è gestito in maniera pressoché oligarchica da poche aziende: la Zetema di proprietà del Comune di Roma, la CIVITA CULTURA con il presidente Gianni Letta, la ELECTA- gruppo Berlusconi- e la COOP CULTURE di proprietà delle coop “rosse” con sede a Venezia Mestre.

Quest’ultima gestisce “solo” in Campania -e da tempo immemore- gli scavi di Pompei, di Ercolano, di Cuma, e di almeno altri sette siti fra Castellamare e Capri, a dispetto di una normativa che stabiliva la concessione della durata quadriennale e rinnovata una sola volta, con divieto di subappalto. Ed invece i bandi di gara, scaduti e mai rinnovati, sono diventati mera consuetudine e con il solo obbligo di far confluire i canoni, pagati dai privati per la concessione della gestione, non nelle casse del ministero delle Finanze, ma di quello dei Beni Culturali, con destinazione, in misura non inferiore al 50 per cento, alle Soprintendenze e ai musei di provenienza, in cambio, appunto, di una lucrosa gestione di biglietterie online e “servizi aggiuntivi”, prevendita, ristorazione, caffetterie all’interno dei siti e dei musei, audioguide, cataloghi, sicurezza e personale.

E così, come l’allora legge Ronchey nel 1993 lasciava intravedere, con il controverso affidamento ai privati della gestione dei musei (circa 800, decine di aree archeologiche statali ed altri beni architettonici ) e acclarata e rodata tale dinamica, le intenzioni dei successivi vari GOVERNI, e soprattutto di questo attuale che si pensava essere sovranista, saranno quelli di aprire, questo prolifico settore, alla concorrenza internazionale, attraverso nuovi bandi per la gestione del “nostro” patrimonio.

Sembra superfluo ogni commento e addirittura banale ribadire che lo Stato Italiano continui a considerare il Meridione terra di saccheggio e non un luogo di bellezza e cultura da salvaguardare.

Svenderanno tutto e diranno che anche questo è colpa nostra, figliastri di un’Italia matrigna..

 

Patrizia Stabile

ph. dal Mann, Museo Archeologico Nazionale di Napoli, un’anfora a figure nere con corteo di Dioniso proveniente da Cuma, e datata nell’ultimo quarto VI sec. a.C