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IL CAPPELLO DEL BRIGANTE CALABRESE: IL CERVONE (“U CERVUNI”)
IL CAPPELLO DEL BRIGANTE CALABRESE: IL CERVONE (“U CERVUNI”).
Difficoltoso ricostruire l’abito maschile calabrese nell’800, l’impresa di ricerca è risultata faticosa e di difficile collocazione. Pochissimi sono i pezzi ritrovati per comprendere come l’uomo calabrese vestiva all’epoca.
Tra le numerose pubblicazioni risulta essere di elevato valore etnografico l’opera di Maurice Maeterlinck “Promonade en Sicilia et in Calabre” datato 1924 ma molto descrittivo a pag. 33, una delle più significative pagine, si legge: “la zona che si estende da Catanzaro a Nicastro è la sola d’Italia dove sono conservati i costumi di altri tempi. Gli uomini è vero non portano più un cappello appuntito, la schioppetta ed il trombone del brigante calabrese (…)” questo per quanto riguarda la Calabria Citra.
Tuttavia, la situazione mutava nella Provincia Ultra o Ulteriore qui il cappello invellutato a punta scompariva per lasciare il passo alla “barritta longa”, a tal proposito Gerard Rolhf in “Dizionario dialettale delle tre Calabrie” ci descrive ciò: “… al viaggiatore che 100 anni fa doveva recarsi dall’Italia centrale in Sicilia (…) lasciato il paese di Tiriolo ormai in vista dei due mari egli era entrato in una Calabria assai diversa da prima”.
Si era passato come per magia dalla Calabria cappelluta a quella barrittuta, in Calabria Ultra si portava una tipica barritta di lana azzurra a forma di sacco lungo 50 cm. Durante l’anno 1847 in piena età Borbonica assistiamo a lunghi viaggi compiuti da personaggi europei attui a studiare usi e costumi delle regioni più estreme dell’ex bel Reame, possiamo collocare a questo punto gli studi di Edward Lear che nel suo studio intitolato “Diario di un viaggio a piedi” a pag 94 cita: “nella lunga fiumara di Allaro abbiamo osservato un gregge di (….) abbiamo incontrato uomini con veri cappelli a punta, (…)”.
Di grande efficacia sono le parole lasciate dall’etnografo nicoterese Raffaele Corso che da esperto etnografo annota con parole riprese dal contemporaneo Luigi Maria Lombardi Satriani in una famosa opera di elevato valore storico “Calabria 1908-1910. La ricerca etnografica di Raffaele Corso” riporta le attente parole del maestro Corso: “tradizionale cappello dei contadini e dei pastori di forma conica è chiamato CERVUNI (…) Oggi tali cappelli si fabbricano a Lagonegro impastando lana e pece (…). Prezzo l.4”.
Francesco Marchianò descrive in “BRIGANTAGGIO PRE- UNITARIO: ANGELO M. CUCCI E IL RAPIMENTO DI D. LUIGI TARANTO DI FRANCAVILLA (1852)”: “Particolarmente interessante risulta l’abbigliamento di tutti i componenti la comitiva brigantesca. Nei connotati del Mancuso risulta che indossava “Il cappello CERVONE con falde larghe all’uso di quei che portano gli Albanesi”. Il cappello descritto è il copricapo calabrese troncoconico abbellito di nastri che, però, gli Albanesi hanno voluto caratterizzare cambiandone la foggia”.
Luigi Archinti, nel suo libro di racconti “Per pigliar sonno” (MILANO FRATELLI TREVES, EDITORI 1875) “…Avverto il lettore che dal 1859 in poi gli accessori del vestiario e l’armamento delle bande non è più quello d’una volta…Nell’armamento non figura più, o di rado, il classico trombone della vecchia scuola brigantesca. Schioppette da caccia, doppiette, fucili da guardia nazionale e revolver, ecco il nuovo arsenale; essi non si sono mostrati renitenti al progresso delle armi; della vecchia panoplia brigantesca non han serbato che lo stile, o pugnale, perchè non c’è barba d’uomo che possa trovargli uno equivalente nella mischia al tu per tu, e per ispedire un cristiano all’altro mondo, senza rumore e con un colpo sicuro. Avverto anche che le cioccie non fan parte dell’abito brigantesco della Calabria. Il brigante calabrese porta le sue brave scarpe, con doppia suola, a linguetta, sopra un paio di calzettoni di lana color cioccolatte, che gli coprono le gambe fin sopra il ginocchio. Del resto son sempre musi truci, ghigne fiere, spesso barbute, sotto il CERVONE o cappello a larga tesa, ed a cocuzzolo conico, grande appena come un bicchiere, e guarnito di una dozzina di fettucce di velluto nero, che ricascano doppie sulla spalla sinistra in modo assai pittoresco. Queste cose ho volute dirle, caso mai il mio racconto venisse illustrato, onde il disegnatore non avesse a farmi i soliti briganti da teatro diurno, ed anche per aiutare il lettore ad immaginarsi i personaggi, dato che nessuna illustrazione venga a corredare il testo…”
Tuttavia, a conti fatti, dall’età del Brigantaggio, il CERVONE fu identificato come copricapo rivoluzionario tanto da proibire di indossarlo pena l’arresto immediato, ennesima stoltezza del nuovo governo Italiano. Si vuol anche questo curioso cappello come copricapo dei Carbonari durante il 1820, ed ancora come “cappello alla calabrese” nel 1848 a Milano.
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Calabria Mystery