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La toponomastica a Napoli e nel Sud deve rispettare il nostro passato e i personaggi che lo hanno onorato

La toponomastica a Napoli e nel Sud deve rispettare il nostro passato e i personaggi che lo hanno onorato

 

Cambiare la toponomastica? Se ci sono davvero volontà e giuste motivazioni si può.

E’ questo il messaggio che arriva dopo aver intitolato, meritatamente, al nostro compianto Diego Armando Maradona, con una semplice delibera del Consiglio comunale di Napoli, lo stadio San Paolo. Non ce ne voglia San Paolo che anche lui, senza colpe o pretese alcune, si sostituì al nome dello “stadio del Sole” per intercessione del Vescovo di Pozzuoli che raccomandò il nome del santo, arrivato, via mare dalla città turca Tarso, nella zona flegrea.

Così come nel 1980, grazie al volere della giunta guidata dal sindaco Maurizio Valenzi si decise di restituire alla strada il nome originario,Toledo -eliminando definitivamente il nome Roma per omaggiare la nuova capitale del Regno d’Italia- in onore del lungimirante vicerè spagnolo che volle così creare una rapida via di collegamento per le truppe sistemate ai Quartieri Spagnoli nonché chiudere la fogna a cielo aperto che convogliava i liquami dalla collina.

Premessa doverosa questa per tornare su una spinosa questione : perché nonostante le perenni richieste rivolte all’amministrazione comunale non si è mai provveduto alla rimozione di tutti i simboli risorgimentali che non solo offendono la nostra memoria di popolo del regno delle due Sicilie, ma che spregiudicatamente “premiano” la barbarie e giustificano la violenza, lanciando, nel contempo, un messaggio che Machiavelli ridusse ad una laconica considerazione.

Il “fine giustifica i mezzi” ? Certo che no. In questa società distopica e con valori effimeri, don Chisciotte resta un’icona surreale e utopistica, lo sappiamo bene, ma ci piace sognare e immaginare come le statue ed i busti di tutti coloro identificati come eroi nazionali possano essere rimossi, così come le strade, le piazze, i musei ed altre Istituzioni a loro intitolate possano tornare a pregiarsi di nomi chi ha veramente onorato la nostra Terra. “Per liquidare i popoli” scriveva Milan kundera, “si comincia col privarli della memoria. Si distruggono i loro libri, la loro cultura, la loro storia. … Dopo di che il popolo comincia lentamente a dimenticare quello che è e quello che è stato. E, intorno, il mondo lo dimentica ancora più in fretta.”

E noi non possiamo permetterlo. Che fare di tutto ciò che è stato rimosso, demolirlo? No, non serve mortificare l’arte e la maestria con le quali , spesso, sono accompagnate le opere commissionate dai tiranni: basterebbe istituire, o semplicemente dedicare, un Museo della Damnatio Memoriae, dove però la “condanna della memoria”, così come invece hanno fatti i Savoia e l’Italia repubblicana, non passi attraverso la cancellazione di qualsiasi traccia, bensì che la stessa venga rivista attraverso una rivisitazione della storia risorgimentale dove ad ogni simbolo rimosso venga spiegata la verità celata da 162 anni.

Le Istituzioni lamentano un mancato senso patriottico dei napoletani? Bene, cominciassero a restituirci la memoria violentemente obliata e noi promettiamo, forse, di non fischiare più l’Inno di Mameli allo Stadio “Diego Armando Maradona”.

Patrizia Stabile