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Perché il calcio a Napoli non è solo calcio

Perché il calcio a Napoli non è solo calcio

Sappiamo tutti che il Napoli Calcio non è solamente la squadra di calcio della città di Napoli nonché la più blasonata dell’Italia meridionale. E’ anche il simbolo di appartenenza alla nostra identità, è un riscoprire le proprie radici che affondano in una Terra bellissima fin troppo vilipesa.

Il calcio che, lungi dall’essere considerato solamente uno sport nonché  l’espressione di un Paese, ne riproduce, paradossalmente, anche la Storia, intesa come una delle tante componenti della Questione Meridionale. Infatti , dal 1904, data d’inizio del Campionato, ad oggi, quasi tutti gli scudetti assegnati appartengono alle squadre del Nord che più vincevano e più, evidentemente, attingevano tifosi e blasone.

Ci piace pensare che la conoscenza della nostra Storia passi anche attraverso gli spalti, le gremite curve che fanno sventolare sempre più frequentemente simboli identitari, vessilli , bandiere, striscioni che le spontanee iniziative sui social contribuiscono ad allargare e a veicolare: le bandiere del Regno delle due Sicilie;  lo striscione dedicato ai morti del lager di Fenestrelle (un luogo sinistro in Piemonte che vide tanti patrioti briganti deportati, umiliati , uccisi in barba ai basilari diritti umani); lo scudetto rovesciato a mo’ di bottino di guerra;  le scritte: “Campioni IN Italia” e non Campioni D’Italia.

Perché, se non l’avessero ancora capito, Napoli, il Sud e la Sicilia sono Nazioni a parte, evidenza palesatasi in innumerevoli politiche economiche  che, dopo l’unità forzata e sanguinolenta, hanno visto continuare il saccheggio  rendendoci ancora più colonia, inducendoci il criminogeno complesso di inferiorità che ha portato il popolo meridionale a ritenere normale la condizione di colonia.
Il tutto mentre alcuni (e non pochi) continuano a sperare che il Vesuvio ci possa “lavare” col fuoco.

Ben venga allora il connubio “calcio & identità”, altrimenti eventuali vittorie e successi del Napoli calcio serviranno solo a vanto del tifoso “del” Napoli e non del tifoso “di” Napoli. Premessa indispensabile per comprendere il trasporto emotivo nel parlare di Diego Armando Maradona e dell’imperituro dolore scaturito dalla prematura  morte dello scugnizzo argentino venuto a liberarci da timori reverenziali .

Mai domo, mai succube. Idolatrato da tanti di noi refrattari ad ergersi a giudici e disposti a perdonargli i suoi demoni perché consci della certezza di averne altrettanti che ne albergano in noi. Demonizzato e ingiuriato invece dai finti “cavalieri senza macchia” che hanno persino nascosto verità e versioni dei fatti che lo coinvolgevano, verità spesso completamente avulse da quelle imperanti che lo vedevano colpevole anche quando non lo era affatto.

Intitolargli lo stadio San Paolo è stato solamente il minimo tributo dovuto. Ed ora godiamoci la festa tributando i giusti onori  a De Laurentis, a Spalletti, a Giuntoli, ai giocatori e a tutti coloro che dietro le quinte hanno saputo costruire un brand vincente, nella speranza che il simpatico “ciucciariello” venga al più presto sostituito dal vero simbolo di Napoli e della squadra come era decenni addietro: il Corsiero del Sole, un cavallo mitico, la cui statua di bronzo troneggiava secoli addietro in piazza Sisto Riario Sforza. Ma questa, per il momento, è un’altra storia

 

Patrizia Stabile